domenica 25 febbraio 2018

Middlesex (Jeffrey Eugenides)


Come si fa a spiegare che una lettura ti è piaciuta a metà? Metà cosa, metà come. Eppure è così. Se poi il romanzo narra le vicende di un essere umano il cui sesso si è bizzarramente fuso e confuso, regalando un corpo che evidenzia un duplice genere ed il titolo è Middlesex, beh, il gioco è fatto.

In un'epoca dove tradizionali (e sicuramente anacronistiche) barriere di genere sessuale stano molto lentamente sgretolandosi, un romanzo come questo calza a pennello. Premesso che è uscito anni fa. Anche se poi alla fine risulta più essere un romanzo di formazione che sociologico, un romanzo psicologico o psicologista dove però vengono aperti ampi squarci su vicende storiche dai risolti tragici ma considerate minori e quindi dimenticate. Alla ricerca del sesso perduto. In senso di genere, non azione. Perché un conto essere maschio, un altro femmina. Il disastro è essere tutti e due. O nessuno precisamente.

Abbiamo un po’ di tutto. Quasi sempre sapientemente miscelato, che qua e là i numerosi rivoli in cui scorre il fiume della trama vanno perdendosi nei boschi narrativi. Così come le digressioni di Eugenides, a volte torrenziali, fanno un po’ detestare questo narratore onnisciente più che mai, che mi immagino paffutello ma saccentello. Che dire dei fratelli Eleutherios, che si amano e che per sposarsi preferiscono fuggire dai confini della Turchia negli Usa per poter nascondere la peccaminosa parentela?
Poi vanno a viver con  la coppia della cugina Sourmelina e suo marito l’enigmatico Jimmy Zizmo, nasce un figlio che giarda un poi si sposa con la figlia degli altri due e succede l’inevitabile. La eccessiva consanguineità genera Calliope (detta Callie e successivamente Cal), che è uno pseudoermafrodito. Vive da ragazza, ma il corpo ha evidenti e sporgenti lati maschili. Ma non lo scoprirà nessuno per molto tempo e perciò crescerà al femminile ma con dubbi e dissidi di carattere letale.
Il romanzo poi continua, io mi fermo qui.
Non troppa carne al fuoco, ma a volte un senso di eccessivo. Certe le intere parti sul dramma dei profughi armeni dalla Turchia ad inizio novecento sono davvero coinvolgenti, oltre che educative. Uno dei tanti eccidi che l’occidente ha pensato bene di mettere in tasca di un cappotto che non indosserà mai. Più onnicomprensivo ma anche leggermente più sfilacciato del successivo romanzo, "La trama del matrimonio".

Romanzo di formazione-informazione. Con un tema scottante e fondamentale non sempre proposto con la dovuta grazia esteticamente parlando. Ma comunque interessante.

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