mercoledì 26 agosto 2015

Paura alla scala (Dino Buzzati)


Provate a pensare il mestiere di scrivere come un lavoro artigianale. Di quelli di una volta, che ora come ora soccombono e cedono il passo alla più redditizia industria, alla produzione seriale, che cullata beatamente dai meccanici e inarrestabili congegni del mercato globale, divora (ha divorato) il fai-da-te retto da estro e tradizione. Provate che ne so ad immaginare il lavoro di uno scrittore come quello di qualche umile falegname che però per Dna conosce i trucchi del mestiere e saprà regalarvi splendidi mobili in legno senza apparente fatica, ma pregni di grande maestria. Magari solo per un colpo di sega, od un equilibrio miracoloso fra le singole parti, anche se la struttura è arte "povera". Ecco "Paura alla scala", raccolta di racconti di Dino Buzzati, è un museo di creazioni poste in opera da un artigiano sapiente, che ha ottimizzato strumenti e materiali della sua officina fantasiosa. 





E' sempre difficile parlare di Dino Buzzati. Estremamente difficile.
Perché. Perché da un'innata semplicità, che poi si rivela apparente, liscia, levigata, lineare, egli come un onesto prestigiatore lima, lavora tenacemente ed alla fine lascia basiti e stupefatti, con qualche artificio che si manifesta all'improvviso e che trasforma un'arida pagina inchiostratizzata in una serie di immagini e riflessioni che nelle anime simili a terre coltivate sono come fervido e prezioso humus che germoglierà sensazioni estetiche di vasta, rigogliosa portata. E già. Dino. Così diverso dalla tradizione nostrana, così appartato, così insomma. A suo modo. Conosciuto ai più per il mitico e immortale "Il deserto dei Tartari", uno di quei romanzi che sono sempre attuali perché si fondano su domande archetipiche cui l'uomo vuole trovare risposta. Un uomo, bellunese del 1906, che lavorava al Corriere della sera e che per anni, anche quando il successo letterario lo rese famoso, ebbene mai un gossip fuori posto. E poi il matrimonio a sessanta anni suonati. Con una giovincella nemmeno eccessivamente avvenente ( ma non andate subito a dirglielo, alla signora Almerina, con quel nome poi, da fotografia stile liberty). E poi un'attiva fervente di artista, tra teatro, poesia, pittura ed appunto narrativa. Buzzati, era e rimane il miglior scrittore del genere fantastico italiano del novecento. Stile puro e mai grezzo, essenziale ma posseduto da quella folgorazione dell'inaspettato che d'improvviso accende lo scritto. Tanta fantasia. Un'innata propensione a temi esistenzialisti, ma senza gli appesantimenti filosfici che caratterizzano il "Nauseante" Sartre oppure gran parte della produzione di Camus, due francesi che con i temi esistenziali ci ragionavano ed eculubravano già nella culla. No, niente francesi. Radici lontane, verso i maestri e classici del genere, quali ad esempio Hoffmann oppure Lovercraft oppure l'amato Poe. Più mitteleuropeo, che latino, sicuro.
Ed in "Paura alla scala", raccolta dl 1949, troviamo tutto e di più del Buzzati novelliere, forse l'ultima raccolta della sua copiosa produzione a mantenere una certa autonomia contenutistica, non schiava e maltratta da una meccanicità e plasticità artefatta, stilistica che purtroppo annacquerà molto del Buzzati dagli anni cinquanta in poi fino alla sua morte nel 1972. Ecco in "Paura alla scala", comprensiva di 24 racconti, troviamo anche magistrali paradigmi all'epoca coeva, come il racconto lungo che dà il titolo alla raccolta, dove l'elite borghese o tardo nobile di Milano cede alla paura immotivata e sarcasticamente dipinta per l'invasione dei Morzi, allegoria nemmeno tanto velata degli allora comunisti (siamo nell'epoca di Togliatti, delle elezioni muro contro muro del 1948, insomma epoca politicamente decisiva e densa di aneddoti storici).

Ma poi il contemporaneo dilegua e si ammansisce, imperversa la fantasia di Buzzati artigiano. Ed ecco il mistero non privo di una certa sadicità che inquieta le pagine dell'altrettanto famoso racconto "Il borghese stregato", le allucinazioni quasi surreali che permeano "La goccia", le parabole neanche troppo scontate che sottendono i metafisici "La fine del mondo" oppure "Nuovi strani amici". E poi il registro mitico evocativo che invece danza come un furetto in "Il miracolo di re Ignazio" o "Il re a Horm el-Hagar". Insomma "Paura alla scala" è un ottimo vademecum di genere, un "prove tecniche di fantastico" da non perdere. Per chi ama il genere, per chi desidera approcciare ad un vero talento forse ancor oggi considerato troppo di nicchia, dimenticando fra le varie ed eventuali cose che ad esempio all'interno dell'università parigina c'è persino un centro studi a lui dedicato, per chi della letteratura ama il sollazzo a volte superfluo ma che non disdegna l'imprinting per feconde emozioni, ebbene, leggetelo. E' nella collana Oscar Mondadori. Dino Buzzati è un ottimo medicinale per gli spiriti un poco appesantiti dai ritmi quotidiani e banali dell'esistere, occorre forse non abusarne perché altrimenti potrebbe creare assuefazione alla fantasia e mandare in soffitta per qualche secolo (finalmente) la realtà così dura da digerire ed apparentemente senza punti deboli.


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