giovedì 19 giugno 2014

Cronaca di una morte annunciata (Gabriel García Márquez)


Siamo decisi e non decisori?  Siamo tutti destino, anzi destinati, forse. E nulla possiamo di fronte a ciò che la sorte ci ha riservato. Lo ha imparato anche Santiago Nasar, con suoi venti anni fatti di nottate allegre, caccia a mulatte isolate da acchiappare, ubriacamenti molesti o meno. Lo ha fatto in un momento decisivo della sua vita: la morte. Perché è proprio strano il mondo, hai anni, mesi, settimane e giorni da vivere, ma poi ciò che ti decide, ciò che ti fa finire dura pochi minuti, a volte solo alcuni secondi. 



Nasar arabo e benestante era destinato a morire e morte è stata ed allora ecco, ha capito troppo tardi che al fato non si può chiedere deroga o perdono, ha le sue sentenze, o condanne che dir si voglia e non esiste appello alcuno. In un attimo, un fottuto attimo tutto può cambiare, iniziare, finire. E nel caso di Santiago è la fine. Nasar è morto amen. Ora c'è solo da capire il perché, se esiste. Anche un come, se fosse possibile. Perché il dove ed il quando oramai sono certi, sono Storia. Ma cosa gli viene in mente, a Santiago. In un villaggio tanto piccolo dove tutti sanno tutto, anche quello che non si può sapere. Disonorare la giovane, bella, inesperta e passionale figlia dei Vicario. E proprio quando la bella Angela era stata promessa in sposa a Bayardo San Roman, questo odioso, ricco, tronfio benestante straniero venuto in quel sobborgo per caso e deciso a comprare Angela, che tanto nulla poteva costare così tanto da non poterselo permettere. Nulla. Il potere onnipotente dei soldi. Ammesso che poi sia andata veramente così. Perché la condanna a Nasar l'ha data la stessa Angela, dicendo che era stato lui a sfiorirla. Anche se nessuno li aveva visti mai assieme ed anzi, Santiago spesso la derideva come imberbe, sciocca, vanitosa. Il matrimonio era andato benissimo. Una festa da sogno, di cui calcolare i costi era quasi impossibile, cifre che nessuno aveva mai visto neanche in una vita. Ma poi Bayardo se la porta a letto, la tradizionale ed imprescindibile prima notte e scopre l'antefatto. Un crimine quasi, un affronto che comporta l'immediata restituzione della sposa. Un investimento perso per i Vicario, un disonore sapere che Angela ha perso l’unica cosa che non poteva perdere: la verginità prima di sposarsi. Ed il conclamato, assoluto, colpevole è solo uno, il giovane Nasar. Eppure doveva saperlo Santiago che questo costava la morte. E lo hanno ucciso infatti i fratelli Vicario,  anche se in tutte le ore precedenti l’omicidio hanno fatto l'impossibile per essere bloccati, scagionati, rinviati, insomma esautorati dal compito di ammazzare. Ma anche loro avevano un destino, erano destinati ed a questo, volenti o nolenti, non ci si può ribellare. 

Anche il resto del paese poteva e non ha potuto, voleva e forse non ha voluto, a partire da Donne Flor, rancorosa serva a casa Nasar che non ha mosso paglia, adducendo pretesti, presunti torti. E arrivando a Bedoya, l'amico fraterno, che ha ritardato pochi fatali attimi e non ha scansato la morte dal futuro del suo migliore amico. E povero Bayardo Roman, diventato cornuto e tradito prima ancora di cominciare a correre il rischio di diventarlo. Il suo destino lo aveva preceduto e lui non se ne era accorto. Con tutti i suoi soldi, la sua famosa e pomposa famiglia, non poteva prevedere tutto questo e sarà il più sconfitto degli sconfitti di questa storia, che inizia dalla fine e finisce con l'inizio, perché la vita e la morte sono un continuo e gli uomini sono solo comparse, a volte attori, ma lo spettacolo non dura in eterno. Beffarda, profumata, epica senza essere marchiata dall’epico. La narrativa di Marquez ha, negli esiti più riusciti, un tono solenne ma non profetico né ridondante, solennizza piccoli e grandi avvenimenti, permeata dal senso della inesorabilità delle vita, della morte e della ricchezza e povertà interiore degli uomini. Così è. Poco più di cento pagine per narrare un omicidio partendo dalla morte e tornando ad essa. Probabilmente uno dei testi più riusciti dello scrittore colombiano. Oltre il famoso romanzo Cento anni di solitudine ed il meno noto L'Autunno del patriarca, sono infatti i racconti Nessuno scrive al colonnello e I funerali della mama grande a rivelarci le innate doti narrative di questo scrittore colombiano. La sua capacità topica di fondere realismo crudo e puro, profezia, alone magico e cronachismo spiccioli qui davvero raggiunge livelli elevati. Nella misura del racconto lungo Marquez sprigiona una forza davvero degna di merito, una narrazione tentacolare, spesso legata a pochi cardini base me che centrifuga l'attenzione e la fantasia del lettore fino a farlo completamento assorbire al narrato.  Ed intanto Nasar è morto, chissà se era colpevole ed un intero paese poteva evitare tutto questo ma come detto, siamo causati e non cause, agiti e non.

Su ciao.it il  18.11.2012

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