Sapevo un sacco di cose e non ho saputo evitarle. A volte, magari in compagnia di una Peroni, riesco a malapena ad accettarle.
"Distruggi il male, va"
Questo romanzo però non è un trattato di filosofia goldrakiana. E nemmeno un uforobotico scandagliamento dell’adolescenza. Questo romanzo parla dannatamente al cuore di una generazione che, alla sua età, comincia a capire che Fleed è lontana, troppo lontana e forse non ci farà mai ritorno. Perché forse addirittura non esiste, non è mai esistita. E’ un gaio, scanzonato ma amaro e veritiero rutto low cost dopo una anarchica e velleitaria presa di coscienza delle storture, delle divisioni, delle ormai imbattibili falsità emotivo-esistenziali che fanno da fondamento all’attuale società contemporanea, sradicata dal pensiero ed ammorbata dalla serialità e dallo straniamento e cullata nella bambagia dell’omologazione a tutti costi.
Anche
se in questo racconto si parla del 2070 ed oltre. Anche se come
protagonista c’è il “nostro” Actarus. Tante volte ancora
oggi mi sento Actarus. Il mio capo aziendale mi ha rimbambito di
banali ovvietà volte a farmi produrre, la mia vita sembra un reality
show, gli amici dei miei amici non mi piacciono ed ho bisogno di un
amore che sappia cullare i miei sogni. Per i partoriti negli anni
settanta e dintorni, il nome di Goldrake e le parole della sua
irresistibile sigla restano,ad oggi, un ricordo indelebile e
sicuramente strappano un tenero e malinconico sospiro più o meno
adulto ricordando la propria infanzia o adolescenza.
Su
questa dimensione pura e quasi elegiaca si prende atto che insieme
alle nostre barbe ormai mature, alle eventuali calvizie conclamate,
sulle ruggini del cuore e le rughe dell’anima, ebbene tempo ne è
passato e ne è passato anche per Actarus, unico ma non invadente
protagonista assoluto di questo brillante, effervescente romanzo di
Claudio Morici, trentacinquenne romano, non alla prima prova
narrativa.
Chissà se davvero crescendo ed invecchiando ( non per forza maturando, magari marcendo) Actarus arriva a provare una certa ripulsione alla sua tuta di battaglia e desiderasse seriamente di diventare come Jeeg Robot o sentisse telefonicamente il pilota di Gundam. Certo, il dubbio è d'obbligo, per un eroe animato a suo tempo così perfetto. C’è sempre un momento anche per chi naviga, esplora e combatte per i più remoti e lontani spazi astrali di tornare con i piedi per terra. E capire che la propria stella preferita edificata con tutti i propri desideri, pulsioni ed aspirazioni, si fa davvero lontana, il costo del viaggio anche in economica si fa proibitivo, la speranza di trovarci un lavoro comodo ed un esistenza felice un desiderio arduo da realizzare. Non sempre l’atterraggio è morbido quando si torna a terra. E tutte le armi megagalattiche a disposizione, ultimo ritrovato della tecnologia, non sempre sembrano e sono atte se non ad attaccare almeno difendersi dalle molteplici insidie che offre la realtà. Anche se per tutta la vita con entusiasmo e coscienza si è stati fino adesso un cartone animato perfetto, al posto giusto ed al momento giusto. Ma c’è qualche cosa che non quadra, qualche conto che non torna, un sottile ma irrimediabile dubbio che attanaglia e stritola, morde e punge come un fastidioso tarlo dentro la vita, la società, con sua multiforme e contradditoria folla di "perché", con quell’aria vaga ed inquietante di ammalianti possibilità ma anche di beffardo inganno. Ebbene, tante domande ad una certa età si rivelano come.
C’è
l’età del “dunque”, del “ma poi”, del “mai sempre” ma
anche del “come mai”.
Actarus
è atterrato, gli uomini non sono cartoni animati e Fleed chissà se
aspetta ancora il ritorno del figliol prodigo
In
questo testo abbiamo la geniale proposizione di un Actarus in un
epoca lontana e futuribile quale il 2075, ma così attuale, alle
prese con drammi esistenziali e le spine dell’età adulta, i suoi
contorcimenti interiori alla ricerca della verità, tormentato dal
sogno leggendario eppure così a portata di mano della stella Fleed,
che più che la sua terra natia appare come la chimerica e dimidiante
metaforizzazione di tutti i sogni di Actarus e del mondo intero
perlomeno di sesso maschile e limitrofo.
Di
contro, una moltitudine di indistruttibili resistenze. L’asettica,
alienante ed indistruttibile corazza della struttura produttiva,
retorica e stancante impersonificata dal dottore, un Procton in
versione manager-direttore delle risorse umane.
La
reiterazione di frasi e termini per dare ritmo e riconoscibilità
senza che ciò stritoli la narrazione in un unico circolo, la Peroni
come emblema di una quasi povertà economica ed una certa
disperazione interiore, come rifugio in una ubriachezza non molesta,
un’evasione low cost e quasi di sapore sfigato anche per un pilota
famoso per il 15% dei ragazzini da 7 a 14 anni.
Ritmo
vivace, brioso, ma non sterile o superficiale nei contenuti, una
pesantezza che non si avverte seppure nella intensa e crudele realtà
dei temi affrontati, il tutto con sapiente e calibrata misura dove le
parti integrano e non ammorbano il tutto. Actarus è un reality nella
fiction o una fiction nella reality, uno specchio che rispecchia se
stesso un gioco che giochiamo tutti i giorni ma che non rilascia
davvero giocare oggi, adesso, qui. E da sempre.
La
consapevolezza è un arma a doppio taglio, la purezza e l’innocenza
si perdono irrimediabilmente al primo vagito anche se fai il
pilota o se con un geniale meccanismo riesci a scolarti Peroni mentre
sei in piena missione interplanetaria. Vari e disseminati i
riferimenti alla visione del presente, in un clima decontestualizzato
eppure così famigliare. Coerente ed ammaliante operazione creativa,
composta ma non frigida, frizzante ma non aleatoria.
Alienazione,
reificazione, plusvalore, categorie certo dal sapore obsoleto e
usurate da una utilizzo improprio o comunque improduttivo oggi, ma
che nella loro usurata "significanza" diventano pur
sempre simboli della attuale tentacolare e soffocante struttura
sociale, diversificata e globalizzante in senso ristretto come quella
che io e questo Actarus viviamo senza per questo dimenticare di
vivere.
Sono
solito fare paragoni, dare qualche coordinata letteraria, cercare
anche improbabili legami. Per stavolta dico che questo è un ottimo
romanzo, furbo, ammiccante e con i suoi coerenti perchè. E non ne
avevo letto mai, uno simile.
Forse
perché Actarus è uno. E tutti gli altri son nessuno.
Pubblicata
sul sito www.ciao.it ed altri siti
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